Un ballo in maschera è una delle più costantemente soddisfacenti fra le opere di Verdi, e, in una buona esecuzione, una delle più continuamente emozionanti. Negli anni in cui erano principalmente sei opere – la popolare triade Rigoletto, Il Trovatore, e La Traviata, e le ultime tre, Aida, Otello e Falstaff – a mantenere il nome di Verdi costantemente sotto gli occhi del pubblico internazionale, anche il Ballo continuò ad essere eseguito.

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Nella sua necrologia del compositore (1901), George Bernard Shaw confessò che le sole opere di Verdi che conoscesse “onestamente proprio a fondo” erano Ernani, e le famose sei……… e il Ballo. Quando cominciò il rinascimento verdiano, negli anni venti, l’attenzione dei critici sembrò concentrarsi dapprima sulle opere ambiziose e più problematiche come Macbeth, Simon Boccanegra, La forza del destino, Don Carlos.  Sulla maestria equilibrata ed evidente del Ballo sembrava ci fosse meno da dire. Ma in epoca moderna è stato detto molto sul Ballo, e molto di quanto è stato detto era contraddittorio. Un critico inglese ha scritto: “Dovunque, il pericolo appare non solo quando meno lo si aspetta, ma in una forma del tutto inattesa…… In una parola, Un ballo in maschera è il Don Giovanni di Verdi”. Il critico italiano Massimo Mila ha suggerito un parallelo diverso: “Ancora più de La Traviata, Un ballo in maschera è un puro, esclusivo poema d’amore. Ne la Traviata, il canto d’amore è misto a una forte vena di protesta sociale……… nulla di ciò esiste in Un ballo in maschera, che è davvero il vorticoso, tragico poema di un amore impossibile e disperato……… Un ballo in maschera è il Tristano e Isotta di Verdi”. Per noi invece il Ballo lungi dall’essere un “puro” esclusivo poema d’amore”, è principalmente – come il suo predecessore e i suoi immediati successori, Simon Boccanegra, La forza del destino e Don Carlos – un dramma sul dovere e la responsabilità. Gabriele Baldini, il saggio autore  di Abitare la battaglia, lo considerava molto semplicemente come il capolavoro di Verdi. Dietro il libretto di Antonio Somma c’è il libretto in cinque atti di Scribe Gustavo III scritto per Auber, che fu eseguito per la prima volta all’Opèra di Parigi nel 1833 e continuò ad esservi eseguito fino al 1859. I due libretti procedono parallelamente per quel che riguarda l’azione (se pur non sempre nella successione dei numeri; ad esempio, nella partitura di Verdi il Cantabile di Renato nel primo atto”Alla vita che t’arride”, prende il posto di quello che in Auber è un esteso duetto fra Gustavo e Anckarstroem).

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